Dalle neuroscienze alla bioenergetica
Le scoperte neuroscientifiche hanno ampliato gli ambiti di interesse della psicoterapia, che non può più limitarsi ai soli processi verbali, ma deve necessariamente prendere in considerazione le emozioni, la comunicazione interpersonale non verbale e l’elaborazione non verbale.
Per comprendere come il corpo, la mente, le emozioni e le relazioni interpersonali si influenzino reciprocamente, è necessario approfondire come reagisce il cervello quando si provano delle emozioni.
Prima di tutto bisogna chiarire quali strutture cerebrali sono coinvolte:
- Area inferiore: è il sistema limbico o “cervello emozionale”. È coinvolto nella percezione e nella regolazione delle emozioni e degli stati corporei. È anche il luogo in cui sono immagazzinate le esperienze di interazione precoci. Tutte queste informazioni sono conservate come conoscenza implicita, che può potenzialmente diventare consapevole e verbalizzata.
- Area superiore: è la corteccia prefrontale. È coinvolta nella riflessione, nel ragionamento, nella pianificazione, ecc.
- Emisfero destro: comunica principalmente con il sistema limbico. È coinvolto nell’elaborazione preconscia e inconscia delle informazioni che provengono dal corpo, incluse le emozioni che proviamo nell’interazione con le altre persone. È anche collegato all’attenzione e all’empatia, qualità che un buon terapeuta dovrebbe possedere per creare una salda alleanza con il suo paziente.
- Emisfero sinistro: comunica principalmente con la corteccia prefrontale.
Quando proviamo un’emozione, il cervello la elabora attraverso due modalità (teoria della regolazione affettiva di Schore):
- Processo dall’alto verso il basso, che coinvolge principalmente l’emisfero sinistro: opera un controllo consapevole, esplicito, volontario e verbale degli stati emozionali. Si può definire anche auto controllo, o capacità di cambiare il modo in cui ci sentiamo cambiando il modo in cui pensiamo.
- Processo dal basso verso l’alto che coinvolge principalmente l’emisfero destro: opera un controllo implicito, non verbale o pre-verbale degli stati emozionali.
In genere le persone iniziano una psicoterapia per far fronte ad una situazione di disagio emotivo. Spesso però non riescono a trovare le parole per esprimere quello che provano o per descrivere l’episodio traumatico, che a volte addirittura non ricordano. Quando l’intensità delle emozioni provate supera una soglia di tollerabilità, detta finestra di tolleranza, avviene un blocco della funzione mnemonica e il processo di elaborazione che si attiva è quello dal basso verso l’alto. Questo avviene perché in situazioni di pericolo è importante agire in modo rapido e istintivo, mentre il processo di riflessione risulterebbe troppo laborioso. I ricordi sono quindi immagazzinati come stati emotivi, sensazioni fisiche ed immagini visive.
In questo modo l’emozione rimane bloccata nel corpo in uno stato non risolto che continua ad influire sulla vita attraverso reazioni emotive, percettive e somatiche, di cui è molto difficile riconoscere l’origine.
Per sbloccare questa situazione bisogna “comunicare” direttamente con il sistema limbico (area inferiore, emisfero destro, processo dal basso verso l’alto) e questo è possibile solo attraverso una comunicazione emozionale veicolata dal linguaggio del corpo perché, come già detto, il sistema limbico non capisce il linguaggio verbale.
La psicoterapia bioenergetica lavora direttamente sul corpo e utilizza quindi un approccio dal basso verso l’alto. Solo in un secondo momento combina l’attivazione emozionale all’elaborazione, in cui è possibile metabolizzare ed integrare l’esperienza emotiva attraverso un processo di riflessione e costruzione di significato.
Importantissima è anche la relazione che si crea tra il terapeuta e il paziente perché, come scritto sopra, l’emisfero destro, che comunica direttamente con il sistema limbico, è collegato all’empatia. Nella relazione terapeutica avviene una comunicazione tra due sistemi limbici (paziente e terapeuta) grazie all’attivazione dei neuroni-specchio, scoperti da Giacomo Rizzolatti e la sua equipe. Questi neuroni ricreano l’esperienza dell’altro dentro di noi, permettendo di metterci nei suoi panni. Sono localizzati nella corteccia pre-motoria, l’area che pianifica il movimento, e sono connessi al sistema limbico. Se l’altro compie un movimento, i neuroni specchio permettono non solo di percepire la sua azione, ma anche di comprendere le sue intenzioni e le emozioni che sta provando. Attraverso il lavoro sul corpo il terapeuta può “parlare” al sistema limbico del paziente permettendogli di creare una nuova regolazione emotiva.